Castello arabo-normanno
Quanto rimane della fortezza si trova alla sommità di una rupe che domina, da circa 1000 metri, la valle del torrente Serravalle. Rapporti visivi si potevano intrattenere dal rilievo con il castello di Serravalle, con le vedette collocate in località Santa Croce di Mistretta, Santa Croce di S. Stefano e con le cime dei rilievi verso l’entroterra.
Quasi certamente, le strutture tardo antiche e medievali si stratificavano sull’acropoli di Amestratos, adattando almeno due circuiti murari ai precipizi naturali e dislocando un fortilizio già in epoca bizantina (secc.VII - IX), recuperato e potenziato durante la successiva occupazione dei musulmani.
La prima notizia del “Castrum Mistrectam” risale al 1083 e lega il sito alla sedizione di Giordano d’Altavilla contro il padre Ruggero. Oltre le citazioni del 1087 e del 1101 riguardanti l’appartenenza della località alla diocesi di Troina e la sua qualificazione come “villa et castellum”, nel 1122 la rocca risulta in possesso di Matteo Bonello, citato in alcuni diplomi come di Creun, o di Amistratou. Questi, nel 1160, la utilizzerà come inespugnabile presidio durante la ribellione contro re Guglielmo I. Dopo alterne vicende feudali con i Visconti, i Rosso, i Chiaramonte e i Ventimiglia, il castello passa al Demanio regio (1448) che ne constata il principio del suo disfacimento, utilizzandolo come carcere almeno fino al 1520. Secondo una tradizione, nel 1633, dopo l’ulteriore riscatto demaniale affrontato con sacrificio dalla città, le strutture munite venivano assaltate e demolite dalla popolazione, fatto che sembra smentito da una raffigurazione pittorica del 1651. Sul pianoro sottostante al torrione, così come dimostrano le giaciture rinvenute durante le prospezioni archeologiche dello scorso secolo, esisteva una cappella ad aula triabsidata che, ancora nel 1550, viene identificata in un documento come chiesa di S. Maria del Castello, già prossima alla rovina.
I ruderi che sopravvivono consentono di riconoscere la parte sommitale di un complesso che in origine doveva estendersi anche lungo i fianchi della vetta e di cui resistono ampie strutture all’interno di un perimetro murato. Il presumibile mastio è accessibile oggi da una nuova scalinata che approda ad una apertura sbrecciata nelle sue murature. Queste ultime, sul fronte ovest, sono caratterizzate dalla presenza di tre feritoie archibugiere. Fra i resti che emergono da uno spesso strato di detriti sono stati identificati tracce di una cisterna e di ambienti ipogei. Il recente impianto di una pineta nel pianoro sottostante il torrione signorile ha pregiudicato una lettura di insieme del complesso, rischiando di danneggiare consistentemente il substrato che si rivela di sicuro interesse archeologico, visto il frequente affioramento di materiale fittile. (A. Pettineo)